Come ci è stato sempre insegnato fin dalle scuole elementari, il percorso più corto che si può tracciare per collegare due punti è unicamente quello retto. Durante le criptiche ore di geometria o di fisica, infatti, una delle poche certezze che tutti condividevamo era che le linee rette fossero effettivamente quelle più efficienti. Ciò, inoltre, veniva confermato dal riscontro che immediatamente ci proponeva la realtà: a partire dalle 4 pareti rette e ortogonali, all’interno delle quali questi assiomi ci venivano spiegati, fino a tutte quelle strade che, non avendo vincoli derivanti dalla morfologia del territorio, potevano non essere altro che lunghe strisce di asfalto senza curve. È così che potevamo vedere in prima persona quello che si leggeva sui libri, ma quando ci si stacca dal foglio sul quale si lavora con squadra e compasso e ci si sposta nel mondo tridimensionale, si può scoprire che in particolari casi tutto ciò può non valere più. Dopotutto, chi l’ha detto che i muri debbano essere per forza dritti?
La dimostrazione più significativa arriva direttamente dall’invenzione dei cosiddetti crinkle crankle walls. Noti anche come serpentine walls, sono degli inusuali muri ondulati che, al posto di svilupparsi in maniera rettilinea, hanno trovato nella loro forma sinusoidale un vantaggio inaspettato. La loro origine è da ricondursi alla prima metà del 1600, quando una squadra di ingegneri olandesi venne incaricata di occuparsi della bonifica delle paludi della Fens nell’Inghilterra orientale. Ottenuti i nuovi terreni si pose un problema non da poco, poiché serviva sviluppare una tecnica economica per recintarli. Al tempo, tali recinzioni venivano realizzate in mattoni e per costruire un muro retto, di qualsiasi altezza fosse, era necessario utilizzare un doppio strato di mattoni per garantirne resistenza e stabilità. Un singolo strato, infatti, non avrebbe conferito il sostegno necessario alla struttura sia per reggersi in piedi, sia per resistere alle sollecitazioni provenienti dall’ambiente, una fra tutte la forza del vento.
Gli ingegneri, dunque, scoprirono che era possibile ridurre la quantità di materiale impiegato nella realizzazione di un muro e, per farlo, si doveva abbandonare il suo tradizionale sviluppo rettilineo. Seppure più lunga in pianta, una soluzione ondulata garantiva il raggiungimento delle proprietà di resistenza necessarie alla struttura attraverso un solo strato di mattoni, che generava una diversa distribuzione delle forze e scarico delle sollecitazioni. Il muro ondulato, che per fare un rimando ancora una volta al contesto scolastico ricorda la forma di una sinusoide, permetteva così di diminuire notevolmente la quantità di mattoni fino al 25% rispetto ad un muro tradizionale.
Successivamente, durante il XIX secolo, i muri crinkle crankle spopolarono in Inghilterra e divennero un vero landmark riconoscibile ancora oggi in specifiche regioni come quella di Suffolk. Proprio qui, Ed Broom è da tempo impegnato nella mappatura di tutti i muri ondulati ancora esistenti e, dopo alcuni anni di lavoro, è riuscito a registrare la presenza di ben 101 esemplari diversi. Tra questi, ne esiste uno, sito nella cittadina di Easton, la cui estensione arriva a circa 4 km e che è stato sfortunatamente noto alla cronaca per essere stato coinvolto in un incidente automobilistico avvenuto nel 2013.
Con il passare del tempo, l’invenzione dei muri ondulati arrivò anche negli Stati Uniti, nonostante a oggi si possa dire che non andò incontro a un rilevante successo tanto che se ne possono trovare solo rarissimi esempi sparsi per il territorio. L’attore principale di questa importazione fu Thomas Jefferson che, oltre ad aver ricoperto il ruolo di terzo presidente del paese, fu anche un architetto. In queste vesti, infatti, si adoperò per realizzare il progetto architettonico della University of Virginia, da lui stesso fondata nel 1819, decidendo di implementare i muri ondulati per la delimitazione dei viali percorsi dagli studenti all’interno del campus, il tutto senza dichiarati motivi estetici o economici.
I muri crinkle crankle della University of Virginia, sono però tornati qualche anno fa al centro delle attenzioni della comunità universitaria e non solo. Infatti, uno studio condotto nel 2018 dalla stessa Università, per conoscere il proprio trascorso storico, ha rivelato che, quello che per tutti era diventato un carattere distintivo del campus, nascondeva un passato decisamente più difficile legato alla schiavitù. I muri, alti circa 2,5 m, furono voluti da Jefferson proprio per celare agli occhi degli studenti il lavoro che quotidianamente veniva svolto da numerosi schiavi che vivevano negli scantinati ed erano impiegati nei giardini. Ecco che, alle spalle di ciò che poteva apparire un caratteristico motivo di distinzione dalle altre università americane, si è rivelato il segno di un difficile capitolo della storia non solo della University of Virginia, ma più in generale di tutti gli Stati Uniti.