Il ruolo dell’ascensore nell’architettura

Cosa c’è di più imbarazzante del ritrovarsi all’interno di un ascensore con degli sconosciuti e immobilizzarsi in una situazione di mutismo contornata da timidi sguardi che si sbloccherà solamente non appena si vedranno quelle due porte automatiche finalmente aprirsi? Se per i più estroversi prendere l’ascensore è un gioco da ragazzi, per molti altri, invece, può trattarsi di un contesto in cui essere in soggezione è la normalità, soprattutto se a fare da sottofondo alla corsa verticale c’è una musichetta che penseremmo più appropriata a delle backrooms.

L’ascensore, oltre a rappresentare un’invenzione rivoluzionaria per gli spostamenti all’interno di edifici, è un sistema che porta con sé ben più implicazioni di quelle che possiamo superficialmente immaginare. Una fra tutte riguarda la rottura del costrutto sociale secondo cui gli ambienti piccoli e ristretti appartengono alla sfera privata, mentre quelli ampi e all’aperto sono dedicati alla vita delle relazioni interpersonali. L’ascensore forza i passeggeri a invadere il proprio spazio fisico, ad avviare uno scambio di informazioni per capire chi deve premere quali pulsanti e, infine, a dover trascorrere del tempo in quella condizione così insolita per poi, se va bene, rivolgersi un saluto accennato. Sentirsi a disagio nel condividere con qualcuno una manciata di secondi dentro una scatola che fa su e giù per un palazzo, dunque, è qualcosa di normalissimo. Ma questo, di certo, non è l’unico aspetto che vale la pena indagare ed è proprio per questo che abbiamo deciso di approfondire un tema così insolito come quello degli ascensori: c’è molto di più oltre al loro risvolto puramente funzionale.

In realtà la nostra curiosità nei confronti degli ascensori è stata innescata da una serie di video che hanno iniziato a diffondersi su vari social. Il soggetto principale era sempre un ascensore, ma non uno comune, o meglio, non l’ascensore al quale tutti noi siamo abituati. A essere ritratto, infatti, è il Paternoster, un’obsoleta versione di ascensore che ebbe la sua massima diffusione durante la prima metà del 1900 in Europa e che, come caratteristica principale, ha quella di essere sprovvisto di porte e di non fermarsi mai, nemmeno per far salire i propri passeggeri. Obsoleto perché ad oggi è veramente raro imbattersi in uno degli esemplari superstiti (in Germania, che è la nazione con il più alto numero di Paternoster e rappresenta un caso unico, se ne contano circa 250) dato che dagli anni ’70, a causa della pericolosità e dell’inaccessibilità per persone disabili, molti paesi europei hanno iniziato a sostituirli con ascensori tradizionali e a proibirne la produzione. Il Paternoster, il cui nome deriva dal fatto che la sua struttura ricorda la forma di un rosario, ma che è lecito pensare si riferisca alla preghiera da fare prima di salirci sopra affinché fili tutto liscio, è un ascensore composto da un “treno” di cabine che, collegate a due funi messe in rotazione da appositi motori, compiono un continuo ciclo di salita e discesa.

Il primo venne installato nel 1868 a Liverpool e fu subito un successo: grazie al suo moto continuo e incessante evita che le persone debbano aspettare l’arrivo della cabina per scendere o salire. Questa tipologia di ascensore, infatti, venne inventata soprattutto per aumentare la velocità dei flussi delle persone all’interno degli edifici attraverso l’incremento dell’efficienza del sistema di trasporto. Fu questa la caratteristica di spicco del Paternoster che ne permise una prima diffusione, ma che dovette allo stesso tempo confrontarsi con le problematiche insorte sin da subito in termini di sicurezza: il passeggero, un po’ come accade per le scale mobili, deve coordinare i propri movimenti per entrare e uscire dalla cabina al tempismo perfetto così da evitare di inciamparsi e cadere con il conseguente rischio di trovarsi in pericolo. Sebbene nel corso dei decenni siano stati considerevoli i casi di morti dovuti all’utilizzo del Paternoster, si tratta comunque di una soluzione innegabilmente efficiente che ha funto da inspirazione per alcuni progetti pionieristici degli ultimi tempi. È il caso di MULTI, un complesso sistema di ascensori sviluppato dall’azienda ThyssenKrupp a partire dal 2014 che, completamente privo di funi, permette il trasporto di passeggeri sia verticalmente che orizzontalmente, rappresentando una possibile nuova frontiera nel modo di muoversi all’interno di edifici. Ciò è permesso dall’utilizzo di una tecnologia a levitazione magnetica e da dispositivi che garantiscono la rotazione di 90 gradi degli snodi tra i percorsi, ma l’aspetto più importante riguarda la possibilità di avere più cabine che contemporaneamente si spostano lungo stesso percorso, così da aumentare la velocità di trasporto e diminuire i tempi di attesa.  

Le scale sono roba vecchia, è vero. Ma anche gli ascensori non sono poi così tanto nuovi. Basti pensare che le prime idee iniziarono a circolare ai tempi di Archimede (circa II secolo a.C.), che fu il primo inventore di un meccanismo in grado di sollevare del peso, oppure che già il Colosseo era dotato di rudimentali ascensori azionati dalla forza umana per fare entrare i gladiatori all’interno dell’arena. Tuttavia, gli ascensori più simili a come li conosciamo oggi adibiti al trasporto di persone, si svilupparono soprattutto durante il 1800 quando si poterono sfruttare i primi motori a vapore e in seguito all’invenzione, per mano di Elisha Graves Otis, di un sistema di sicurezza capace di frenare la cabina in caso di rottura di una delle funi. Nel 1857 è a New York, la città dei grattacieli, che venne installato per la prima volta questo tipo di dispositivo all’interno di un grande magazzino di 5 piani. È così che l’ascensore iniziò a diventare un’entità che auspicava al progresso, alla tecnologia e che letteralmente aprì le porte verso il cielo: le città potevano finalmente essere pensate in modo nuovo, non più vincolate alla dimensione orizzontale. Uno dei primi a intuire la grande potenzialità dell’ascensore fu il visionario architetto Antonio Sant’Elia che nel suo Manifesto dell’Architettura Futurista (1914) portava già all’estremo l’utilizzo degli ascensori, immaginandoli all’esterno di grandi edifici in modo da renderne la fruizione veloce e dinamica come lo spirito futurista suggeriva.

“La Città Nuova” (1914), Antonio Sant’Elia

Proprio grazie alla possibilità di spostare le persone verticalmente, è stato permesso agli architetti di immaginare e realizzare edifici sempre più alti fino ad arrivare agli ormai diffusissimi grattacieli: è merito degli ascensori se oggi possiamo godere di città come New York, Hong Kong o Bangkok ed è chiaro, quindi, come abbiano assunto un ruolo determinante e insostituibile nel plasmare le città più evolute alle quali oggi siamo abituati. Nel corso del tempo, però, l’ascensore non sempre è stato trattato e impiegato nei modi tradizionali che si sono andati a consolidare durante tutto il 1900. Ci sono stati casi, infatti, in cui gli architetti hanno scelto di rendere l’ascensore non solo uno strumento funzionale, ma anche un elemento partecipe all’architettura stessa e il modo per farlo al meglio è ancora oggi renderli visibili, spesso portandoli direttamente all’esterno delle strutture, proprio come aveva immaginato il visionario Sant’Elia. Uno degli esempi più significativi è sicuramente il progetto che Richard Rogers ha sviluppato per la sede londinese della compagnia di assicurazioni Lloyd’s. Nel suo inconfondibile stile high-tech, con il quale rese iconico il Centre Pompidou insieme a Renzo Piano, Rogers ha progettato nel 1987 un edificio suddiviso in 14 piani per un altezza di 88 metri, in cui tutto è messo a nudo: tubature, impianti di pulizia e scale. Ovviamente anche gli ascensori non potevano essere da meno e 12 delle 14 cabine presenti, oltre ad essere state posizionate all’esterno dell’edificio, sono completamente trasparenti, generando un effetto degno di un futuro distopico dove la tecnologia è giunta al suo massimo grado di sviluppo.

Richard Rogers, però, non è stato l’unico a riservare agli ascensori un ruolo così importante nel definire il risultato architettonico. Ormai sono innumerevoli i casi in cui gli ascensori si palesano come elementi partecipi all’interno di grandi edifici e non mancano le volte in cui proprio questo strumento che consente il trasporto di persone è diventato il protagonista del progetto, presentandosi più come attrazione piuttosto che come semplice servizio. Alcuni degli esempi più eclatanti e curiosi di quanto detto sono sparsi per tutto il mondo, a partire dall’ascensore sferico installato sulla copertura della Globe Arena di Stoccolma. Per raggiungere la vetta di uno degli edifici sferici più grandi al mondo, ci si serve di questo ascensore panoramico che percorre la curvatura della struttura offrendo una vista suggestiva sulla capitale svedese. Dobbiamo spostarci in Cina, invece, per poter ammirare un ascensore da record immerso in un paesaggio naturale unico nel suo genere. Ci troviamo a Wulingyuan in un contesto dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, dove nel 2002 è stato inaugurato Bailong, noto anche come “ascensore dei cento draghi”: sviluppandosi per una altezza di 326 metri, consente di salire o discendere lungo il ripido fianco di una roccia immersi tra nuvole e viste mozzafiato. Cambiando nuovamente area geografica, dobbiamo andare in Germania, e più precisamente presso Stuttgart, per imbatterci in un inaspettato ascensore dall’estetica futuristica. All’interno del museo di Mercedes-Benz, oltre a più di 160 automobili che ripercorrono la storia del brand, sono presenti degli ascensori a vista che sembrano delle capsule per viaggiare nel tempo o degli strani veicoli spaziali.

Per concludere, vi suggeriamo una vera e propria chicca presente in Italia e decisamente più accessibile rispetto agli esempi precedenti. A Milano, all’interno di Fondazione Prada, si trova un ascensore panoramico del tutto unico nel suo genere. Facente parte della Torre, l’edificio bianco di 60 metri di altezza che ospita la collezione di arte contemporanea della Fondazione, l’ascensore è parte integrante del progetto sviluppato dallo studio OMA di Rem Koolhaas. Per spostarsi tra i 9 piani dell’edificio, lo studio ha sviluppato un ascensore che al rivestimento esterno in alluminio anodizzato contrappone un risultato interno sorprendente: ci si immerge in uno spettacolare cubo dalle superfici in onice rosa retroilluminato per poi accedere a una piccola area panoramica favorita da vetrate a tutta altezza.