Giorgio Armani ha parlato onestamente di tutto (davvero tutto)

«Io disegno vestiti. E ho sempre mirato al cuore delle persone. Oggi vi ho aperto il mio» è una delle frasi finali dell’intervista al designer pilastro della moda italiana Giorgio Armani, uscita ieri sul Corriere della Sera e scritta da Aldo Cazzullo e Paola Pollo. Il designer ha parlato davvero di tutto: dei suoi amori, partendo da quelli infantili fino ad un (inedito) accenno al suo rapporto con la sua spalla destra e compagno di vita Leo Dell’Orco, ma anche di politica, di filosofie di vita, di religione e di rapporti personali e lavorativi più o meno felici con i colleghi designer. La forza della sua intervista sta nel suo non tirarsi indietro su nessuna domanda; forse conseguenza anche della sua età e della sua longevità ed esperienza nel settore, Giorgio Armani si è “permesso” un livello di onestà apprezzabile. «Sono stato copiato molto. Troppo. Per anni, da Calvin Klein, e non solo. Pure quelli di adesso non scherzano. Tanto che mi sento quasi in obbligo di reinventarmi un po’», ha spiegato. Armani ha espresso dichiaratamente un suo passato interesse per Chanel, per cui avrebbe lavorato con piacere un tempo e da cui ha ammesso di aver copiato perché «Si copia il meglio. Non si copia la mezza calza; si copia lo stivalone di cuoio».

Verso la fine dell’intervista arrivano le dichiarazioni politiche: se su Trump rimane vago dicendo «lo trovo fisicamente migliorato, perché è meno rosso. Sul piano politico non metto becco, non sono competente», su Berlusconi pensa «è stato un grande. Poi ha scelto una strada, la politica, che non tutti condividiamo; però nella scelta che ha fatto è stato bravo» ma allo stesso tempo arriva una dichiarazione positiva su Elly Schlein «è interessante. Mi piace». Sulla Meloni? «Non l’ho capita. A volte mi dà fiducia, a volte mi lascia perplesso. Parla, parla; ma deve costruire un po’ di più», spiega. Che siano dichiarazioni più o meno sorprendenti, considerando la linea abbastanza definita impostata dal designer negli anni e che non sorprende vista la sua infanzia tra la colonia giovanile fascista gestita da sua mamma Maria e una vita ancora scandita dalla disciplina — che lui spiega essere la chiave della sua longevità — Armani si è anche ampiamente espresso sulla moda. Sul mondo della moda italiana dice: «Non ci si confronta mai, è un mondo chiuso. Si ha come paura di esporre le proprie iniziative, le proprie idee». Ma parla anche di Valentino, con cui ha un ottimo rapporto personale, di Gianni Versace e delle differenze tra i due negli anni rimanendo comunque sul piano della stima, e di Miuccia Prada che lui considera forse poco sul pezzo: «Vive nel suo mondo. Non pensa che quel vestito deve essere portato: quel vestito le piace, lei se lo metterebbe, esce salutando, ma non ha la percezione di quello che succede dopo».

Un approccio che lui, designer pratico e realista, non condivide del tutto. «Mi vestiva mia madre, in modo essenziale, legato alla sua natura, alla sua visione delle cose; molto semplice, con personalità però», racconta il designer racchiudendo senza volere forse il senso dei suoi 49 anni di lavoro in Armani e la sua visione della moda. Rispondendo alle domande silenziose ma lecite del pubblico più ampio sul suo futuro e di quello del brand chiude dicendo: «Ho costruito una specie di struttura, di progetto, di protocollo che dovrebbe essere seguito da chi verrà dopo di me in questa avventura. Due o tre anni come responsabile dell’azienda me li posso ancora concedere; di più no, sarebbe negativo».