“Bellezza”. È questa la parola più presente nel comunicato di Valentino in cui viene annunciato l’arrivo di Alessandro Michele. Viene usata dal presidente Rachid Mohamed Rachid per descrivere lo “straordinario patrimonio di Valentino”, mentre il CEO Jacopo Venturini la traduce in “meravigliosa leggerezza” e Michele la ripete come sinonimo di “estrema grazia”.
Lo stilista ha fatto della “bellezza” il suo motivo di vita, che essa fosse nei luoghi, nell’arte, nella letteratura o semplicemente negli oggetti. E proprio questa perpetua ricerca del bello è stata la chiave del suo successo nei sette anni da Gucci: grazie a un mix di riferimenti culturali e romanticismo, Michele ha definito un’estetica leggendaria, una delle più emblematiche degli ultimi anni.
Il problema che si pone ora, però, non riguarda tanto il suo talento, ma come questo si adatterà all’ambiente di Valentino. Infatti, i clienti della maison non sono abituati all’approccio ricco, quasi barocco, e fluido dello stilista, ma più a una visione tradizionalista della femminilità. Fantasiosa e fuori dagli schemi sì, ma più minimalista e facile da “digerire” rispetto a quella di Michele.
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Dall’altro lato, l’archivio di Valentino rappresenta un tesoro ancora troppo poco esplorato. E non c’è persona migliore di un amante del passato come Alessandro Michele per rendere omaggio e riportare alla luce quel “patrimonio culturale e simbolico” fatto di stampe, colori e strutture che col tempo sono state messe da parte.
Oltre alla parte “concettuale”, Michele è sempre stato in grado anche di tradurre gli elementi più forti e iconici della sua estetica in prodotti commerciali di grande successo, così come di definire un marchio a 360 gradi andando oltre all’abbigliamento e alle borse. Se si pensa al suo Gucci, infatti, le cose che vengono in mente vanno al di là dell’aspetto materiale e, forse, Alessandro Michele riuscirà finalmente a far risplendere degli elementi che prima di lui erano stati oscurati dalle creazioni di Piccioli.